Nel mondo del Fashion, pur nella diversità dovuta a contenuti e caratteristiche proprie dei diversi posizionamenti, la Supply Chain ha in genere due obiettivi fondamentali:
• il completamento dello spunto creativo attraverso la definizione di alcuni materiali e processi;
• la realizzazione e concretizzazione del prodotto nel rispetto degli obiettivi di qualità, servizio e costi.
La crisi legata alla pandemia in corso ha messo in luce in maniera drammatica la fragilità legata alla complessità, alla lunghezza e alle caratteristiche delle catene di approvvigionamento di questo settore.
Nei segmenti del mercato di massa e dei posizionamenti intermedi, spesso i capi sono realizzati in Asia con tessuti ed accessori prodotti in Europa. Queste filiere hanno tempi di attraversamento elevati (4-6 mesi), dovuti alla definizione e acquisizione di materiali, alla produzione ed infine al trasporto, che avviene prevalentemente via nave. Ne consegue una forte inerzia nel rispondere a sollecitazioni improvvise come quelle avvenute recentemente, con funnel produttivi e di approvvigionamento riempiti con grande anticipo rispetto alla domanda finale.
L’aspetto geografico non è però l’unico elemento. Le catene di fornitura legate ai posizionamenti più elevati e al mondo del lusso, con caratteristiche di maggior artigianalità, sono in generale più “corte”, localizzate prevalentemente in Italia, Francia e nel resto dell’Europa, ma si sono comunque dimostrate estremamente fragili. In questo caso i problemi principali sono la carenza di alternative di fornitura attivabili rapidamente e la ridotta forza finanziaria dei partner.
Tutte queste criticità strutturali sono emerse con forza al momento di ripartire, esasperate dalla situazione di emergenza, che ha portato fornitori e negozi ad essere saturi di merce primaverile ed estiva, ormai utilizzabile solo per vendite in saldo o per essere riportata al prossimo anno.
GEA
Ripensando la Fashion Supply Chain
27
Mag 2020
GEA
l settore del fashion dopo l’emergenza
06
Mag 2020
Siamo ancora nel mezzo della crisi mondiale dovuta alla pandemia di Coronavirus, ma tutti i maggiori osservatori, uffici studi e consulenti (noi inclusi) stanno pubblicando le valutazioni e le previsioni circa l’impatto economico – oltre che umanitario – della crisi.
Nel Fashion, molti retailers (da Esprit, Karstadt, La Halle, fino a Scarpe e Scarpe) hanno attivato le procedure di salvaguardia societaria, e anche i grandi gruppi internazionali del lusso hanno annunciato risultati in forte calo nel primo trimestre del 2020 (-20% / -30% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso) e prevedono un secondo quarter estremamente difficoltoso.
Da un punto di vista economico, gli elementi su cui non sembrano esserci dubbi sono l’entità enorme del danno, le incognite legate alle dinamiche della ripresa, e soprattutto la permanenza anche ad emergenza finita di alcune abitudini che metà della popolazione mondiale sta sperimentando in queste lunghe settimane.
Mentre nella prima fase più acuta l’attenzione è stata giustamente posta sulla tutela della salute e della vita delle persone, indipendentemente dai costi correlati, in questo momento – intravedendo l’uscita dalla fase più critica da un punto di vista sanitario e una graduale riduzione delle limitazioni in alcuni paesi – le imprese iniziano a concentrarsi sull’obiettivo della loro stessa sopravvivenza.